Corso di formazione sul Cooperative learning
rivolto a
docenti, educatori e studenti.
9, 16, 23, 30 ottobre, dalle ore 14 alle 17
presso la scuola "Bortolan" di Vicenza.
Relatrice: dott.ssa Stefania Lamberti dell'Università di Verona
La partecipazione è
gratuita,
le iscrizioni vanno inviate all'indirizzo e-mail
intercultura@lillinet.org
entro il 24
settembre.
CONVEGNO “IL GIOCO DURO DELL’INTEGRAZIONE”
24/11/2010
Intervento di Enrico Mastella, Presidente provinciale CSI
Vorrei, per iniziare ringraziare chi ha promosso questo convegno, che va ad affrontare, in modo diverso da quello cui siamo abituati, un tema particolarmente attuale e molto sentito da me personalmente e dall’Associazione che rappresento; e vorrei ringraziare chi mi ha chiesto di portare il mio modesto e spero utile contributo.
Noi del CSI, come anticipato, siamo particolarmente sensibili al tema dell’integrazione, per alcuni motivi che cercherò di illustrare brevemente.
Il primo è che noi ci occupiamo di sport; e lo sport altro non è che una forma codificata di gioco. Ritengo che poche fra le attività umane possiedano il carattere di universalità proprio del gioco: ci rendiamo allora conto che abbiamo fra le mani uno strumento dalle formidabili potenzialità comunicative, socializzanti, di condivisione.
Sempre perché ci occupiamo di sport, non possiamo ignorare quanto afferma la “Carta dei principi dello sport per tutti”, promossa dal Forum del terzo settore nel 2004: che lo sport è un diritto dei cittadini di tutte le età e categorie sociali; che il diritto allo sport è diritto a compiere un'esperienza di maturazione umana e di integrazione sociale; che è dovere delle Istituzioni Pubbliche a tutti i livelli – nazionale, regionale e locale – garantire le condizioni necessarie affinché ciò avvenga.
Infine, da sempre ci piace definirci come un’associazione di frontiera, che promuove lo sport per tutti ma in particolare per i più deboli, per le persone in difficoltà, per gli ultimi. E mai come in questi tempi il termine “ultimi” assume un significato particolare.
Sembrerebbe quindi tutto facile: ci piacerebbe fosse così, qualche segnale positivo c’è, ma ci sono anche alcuni problemi.
E’ vero che molte società sportive hanno al loro interno atleti stranieri; le statistiche parlano, per i nostri atleti minorenni, di un 8% di atleti stranieri tesserati, dato più o meno in linea con la presenza di stranieri nel nostro paese; di norma però l’adesione avviene in modo casuale, e si tratta soprattutto di persone già pienamente inserite nel tessuto sociale: e mi riferisco soprattutto agli immigrati di seconda generazione, nati in Italia, perfettamente integrati e che frequentano scuole, compagnie e gruppi di amici italiani.
Per rendere l’opera di coinvolgimento e integrazione più efficace e incisiva bisognerebbe riuscire a coinvolgere maggiormente i nuovi arrivati, coloro che maggiormente avrebbero bisogno di contatti, di relazione, di un ambiente che permetta loro di vivere serenamente un momento non certo facile della loro esistenza.
E’ un aspetto sul quale il CSI di Vicenza sta cercando di concentrare i propri sforzi; a giugno, nel Consiglio di programmazione, è stato approvato un progetto finalizzato proprio a questo obiettivo. E’ una sfida affascinante, contrassegnata però da alcune difficoltà.
La prima è la difficoltà ad entrare in contatto con i neo migranti. Spesso chi si trasferisce in un paese straniero tende ad isolarsi o a frequentare, e la cosa è più che comprensibile, i propri connazionali, diminuendo così le occasioni di informazione, di conoscenza della realtà locale e delle proposte che essa offre.
La seconda difficoltà è legata alla cultura e alle tradizioni: gli sport da noi organizzati sono spesso lontani dalla mentalità di chi arriva da noi: basti pensare che fra gli sport nazionali di alcune fra le comunità straniere maggiormente presenti in Italia si trovano il badminton, il cricket, l’hockey su prato e la pallanuoto, tutte discipline non particolarmente diffuse tra noi.
Difficoltà inequivocabili, che l’esperienza dimostra però superabili grazie a un positivo stile di accoglienza e alla pazienza.
La difficoltà più grande resta nella diffidenza ad aprirsi completamente verso questo mondo. Siamo purtroppo impregnati di una cultura che ci ha abituato a vedere il diverso come fonte di paura più che di arricchimento; più come problema che come risorsa. Andando spesso contro la naturale evoluzione frutto della società attuale.
E’, come dice il titolo del convegno, un gioco “duro”, disseminato di queste ed altre difficoltà. E si potrà vincere solo se tutti, tutta la società, riusciremo a convincerci che lo stile ispirato ad una diversa apertura mentale, alla condivisione, all’accoglienza è l’unico possibile in questo momento storico; ed è l’unico che potrà permetterci di creare una società migliore da tutti i punti di vista.